3. Scars

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    Raspberries ~ Lamponi
    3 ~ Scars




    Alla fine non sono riuscito a finire tutti i compiti che c’erano da fare. Era troppo per una sola sera, così ho deciso che oggi rimarrò in biblioteca, dopo scuola, per portarmi avanti col lavoro. Kaworu si è gentilmente offerto di aiutarmi e Toji ha detto che ci terrà compagnia per mezzora, prima di andare all’allenamento di basket.
    Anche se ho l’impressione che voglia solo copiare le mie risposte.
    Comunque, quando finiscono le lezioni andiamo tutti e tre in biblioteca (Kensuke è coi cadetti) e Nagisa mi da una mano coi compiti. È davvero piacevole stare seduti un po’ isolati, immersi nella quiete, mentre Kaworu è appoggiato al mio braccio e mormora nel mio orecchio, anche se si tratta solo di calcoli matematici. Non so se mi si è messo così vicino di proposito o l'ha fatto senza un secondo fine. Non escludo nessuna delle due possibilità, conoscendolo. Ma in entrambi i casi è piuttosto gradevole e decido che non c’è assolutamente niente di sbagliato a godere del momento più bello che abbia vissuto finora con lui, senza per questo essere imbarazzato.
    Beh, questo non significa che non lo sia del tutto, comunque. Sono sicuro di avere un colorito simile a quello di una barbabietola da quando ci siamo seduti, per non parlare del fatto che è un po’ irritante, ma in tutta onestà è abbastanza confortevole. Così, quando Toji finisce di copiare i miei appunti e si alza per andarsene, Kaworu lo segue a sua volta dicendo di dover andare a prendere dall’armadietto un foglio che potrebbe servirgli, e realizzo che effettivamente io dovrei andare in bagno.
    Perciò lasciamo il tavolo insieme, noi due diretti all’interno della scuola e Toji verso l’uscita. Nessuno ha menzionato il ballo o Hikari durante l’incontro e Suzuhara sembra aver allentato un po’ la tensione che stava accumulando, per tornare ad essere il solito ragazzo solare, loquace e presuntuoso; quando è arrivato sembrava addirittura più felice del solito.
    Noto che Kaworu mi segue verso il bagno, suppongo che debba andarci anche lui. Dopo essermi lavato le mani però, voltandomi me lo ritrovo proprio dietro– e intendo letteralmente alle spalle. Batto le palpebre, confuso, appena prima che mi spinga contro il muro e inchiodi i miei polsi accanto al mio viso.
    Mi sta di fronte, proprio addosso, e non faccio altro che guardarlo con gli occhi spalancati. È quasi come se stessimo aspettando –non posso fare niente con lui sopra ed ora realizzo che non mi sta trattenendo solo per i polsi. Anche il suo corpo mi si è addossato. E questo è infinitamente più… imbarazzante rispetto a poco fa, nella biblioteca, che comunque è praticamente un eufemismo, ma non ho avuto la prontezza di elaborarlo in tempo.
    Oggi non fa particolarmente caldo, eppure mi sento terribilmente accaldato dal collo in giù; ricordo che Kaworu ha lasciato sbottonati i primi tre bottoni della maglietta per tutto il giorno e mi chiedo se lo sono anche ora. Non oso guardare, però. Anche se volessi, sembra che attualmente non sia in grado di spostare lo sguardo. Il suo viso non è particolarmente espressivo, resta solo a fissarmi… e fissarmi… come se stesse provando ad ipnotizzarmi. O farmi annegare nei suoi occhi, che è molto più probabile. Non faccio nient’altro che rispondere allo sguardo, senza nemmeno tentare di liberarmi. Cosa succede? Non si muove, non dice niente… mi fissa e basta.
    Libera lentamente uno dei miei polsi e sbottona il secondo bottone della mia maglietta. Penso di essere così rapito da percepirlo solo vagamente, ma poi va anche il terzo e allora– e allora porta la bocca sul mio collo e bacia la pelle appena sotto il mio orecchio.
    Questo mi riscuote piuttosto velocemente. Allontano la testa, sorpreso, e mi aggrappo alle sue maniche, ma lui rinforza la presa sugli avambracci e mi spinge ancora più fermamente contro il muro, passando una mano tra i miei capelli. Incapace di trattenerlo, mi lascio percorrere da un brivido. Il suo tocco è così delicato… le sue labbra infondono una sensazione assolutamente fantastica sulla mia pelle, provo a dimenarmi ma lui mi trattiene sul posto. I suoi baci si posano sul mio collo come farfalle, come mi aspettavo che fossero; delicati e sfuggenti. E prima che me ne accorga è sopra la clavicola, poi giù, sul mio petto.
    Dev’essere questo il momento preciso in cui il mio cervello ricomincia a lavorare, perché le mie mani afferrano il suo viso per cercare di allontanarlo, mentre le mie guance vanno a fuoco. Mi guarda ancora, non dice niente e non ha espressione. Come può non averne? Cosa vuole da me, se non sembra mostrare interesse a ciò che sta facendo? “Kaworu -”
    Avevo dimenticato le sue dita tra i miei capelli, ma lo ricordo quando tira bruscamente la mia testa di lato e riprende dal collo, di nuovo – solo che stavolta fa davvero caldo anche senza contare la sua lingua umida. Istintivamente le mie mani scivolano tra i suoi capelli come ha fatto lui poco fa e un lamento in qualche modo riesce a sfuggire dalle mie labbra. M’immobilizza col suo corpo sorprendentemente più forte di quello che sembra, e non voglio mentire – la lingua rovente di Kaworu mi fa stare bene, vezzeggiando lentamente il mio collo e pizzicandomi gentilmente coi denti. Tutto ciò che posso fare nel frattempo è contorcermi e gemere, perché non sembra ovviamente intenzionato a lasciarmi andare da nessuna parte: c’è davvero poco spazio perché possa muovermi senza restrizioni.
    È così bello…
    Una mano scivola lungo la mia schiena, tracciando la spina dorsale, fino alla cintura dei pantaloni. Ma non va oltre. Puntella invece la mano, facendomi guadagnare un altro brivido involontario.
    Provo in ogni modo a non far udire i miei sospiri, ma dopo un po’ Kaworu sembra accorgersene e s’impegna più duramente, finché non cedo. Merda – spero davvero che non lasci segni. Che succede se li vede Misato? E se non se ne vanno durante la notte? Non posso mettere una sciarpa d’estate…
    “Mmh… non lascerò segni. Lo prometto,” sussurra nel mio orecchio. Poi ci infila la lingua e ripenso a quando l’ho strattonato via, così provo di nuovo. “Kaworu… per favore, basta.”
    “Perché?” inspira pesantemente, addossandosi ulteriormente.
    “È… è imbarazzante…”
    Fa un passo indietro e posa le mani sulle mie spalle, cercando i miei occhi. “Mi dispiace…” poi abbassa lo sguardo. Lo rialza per abbottonare gentilmente la mia maglietta con la stessa inespressività, lasciandoli com’erano prima, e annuisce. Mi lancia un’ultima occhiata, dall’alto al basso, e mi sento percorrere da un altro brivido, poi esce lentamente ed io lo seguo. Mi guardo intorno e ringrazio il Signore che nessun altro di mia conoscenza sia nei dintorni – ci sono solo alcuni ragazzini che corrono qui intorno, ma ci ignorano.
    Mi chiedo quanto ancora mi ci vorrà per finire i compiti. Potrei sempre finirli a casa; è che non sono sicuro di quanto tempo ancora posso stare seduto a fianco di Kaworu in quel modo, così vicino a lui… ma prima di arrivare alla biblioteca mi convinco che non posso proprio sedermi in parte a lui. Essere baciato dalla persona che ti piace così languidamente fa un certo effetto. Mi piace Kaworu, ma sono davvero troppo timido per lasciare che diventi qualcosa di più di una semplice cotta. Ovviamente lui sembra essere di tutt’altro avviso. E sono di nuovo spaventato da lui. Non posso mettere in disparte la mia mente neanche per un secondo – il momento prima penso di esserne attratto, ma quello subito dopo…
    “Sai, penso che dovrei tornare a casa; li finirò dopo, ma grazie per avermi aiutato,”sbotto, raccogliendo tutti i quaderni e stipandoli nella mia cartella. Kaworu sfoglia un libro di musica che ha raccolto da un ripiano e mi guarda. “A casa?”
    “Uhm, sì,” vacillo, colto di sorpresa: con la testa inclinata in avanti in quel modo e gli occhi rivolti verso l’alto è davvero attraente. L’angolo della sua bocca si solleva e richiude il libro. “Ma certo, ci vediamo domani.”
    Lungo la strada verso casa, sento piuttosto freddo. Il vento si è fatto mordace e il sole è nascosto. Mi chiedo come tornerà Kaworu. Non parla mai di dove vive, o della sua famiglia. Si è trasferito da qualche stato interno, se non sbaglio.
    Non riesco a ricordare. Le ultime settimane sono come un ricordo sfuocato – non riesco a focalizzarle nella mia mente. Sembra che conosca Kaworu da sempre. Il ricordo del nostro primo incontro è andato perduto, e onestamente sento come se lo conoscessi da così tanto tempo che sarebbe impossibile ricordarlo.
    Però ricordo perfettamente che il ballo è domani – com’è possibile che il tempo sia trascorso così velocemente? Ero sicuro che Kaworu mi avesse invitato appena due giorni fa… o forse no. Non distinguo il tempo scorrere da quando l’ho incontrato – è come se da quel momento il tempo non avesse più importanza, e se anche ne avesse, segue l’andamento che comoda a Kaworu. Ogni cosa attorno a lui è strana. Ma questo è parte di ciò che lo fa sembrare così stupendamente misterioso.
    “Idiota. Sei preso così male,” borbotto mentre torno a casa accompagnato dal vento. Ma non doveva essere estate? La camicia bianca non aiuta molto. Le mie dita tracciano distrattamente i punti in cui Kaworu ha baciato la mia pelle, dove sento ancora un lieve formicolio. In verità, mi sono sentito come un ghiacciolo al sole quando mi ha inchiodato al muro.
    E adesso mi domando… perché non ho risposto al bacio? Prima ero spaventato che la mia innaturale affezione per Kaworu avrebbe portato solo sofferenza. Cosa che potrebbe ancora succedere. Ma non devo preoccuparmi di disgustare Kaworu – anzi, è lui quello che ha iniziato e si è lasciato trasportare durante il rapporto, se così si può dire. Mi serve solo un po’ di tempo per pensare. Per una volta.
    Oltrepasso la porta e Misato alza lo sguardo dal giornale. “Che succede? Sembri agitato, sconvolto e triste allo stesso tempo,” esclama.
    Mi stringo nelle spalle. “Immagino… sia perché lavoro troppo per la scuola.”
    Si acciglia. Non penso mi creda. Ma lascia stare, e c’è un momento in cui l’atmosfera è colma di disagio. “Dovresti leggere il giornale. Ci sono notizie davvero terribili,” dice per rompere il ghiaccio. “Un ragazzo della tua età è stato brutalmente assassinato ieri. È orribile…”
    “Scusa, Misato. Penso sia meglio che vada a letto,” la interrompo. “Cosa? Sei di nuovo ammalato?” mi chiede allarmata. Scuoto la testa. “Ho solo… avuto una giornata pesante.”
    Guardandomi allo specchio, mi chiedo come Misato abbia fatto a non notare le eruzioni cutanee rosse sul mio collo, sotto la maglietta. Non può non essersene accorta – Kaworu ci ha davvero lavorato sodo. Abbastanza stranamente, non mi sento così imbarazzato da desiderare la morte. Solo come un cretino svuotato di tutto tranne che della vergogna e dell’umiliazione. Non ha detto niente.
    Lo avrà immaginato? Allora, se ha deciso di lasciar correre, dev’esserci una ragione… come ho detto più volte, Misato mi conosce meglio di chiunque altro. Deve avere un qualche motivo – forse pensa che sia abbastanza grande da occuparmi di me stesso, o che stia sperimentando… Misato ha una strana logica. Non mi dispiacerebbe lavarmi – non ho potuto farlo stamattina. Non ho nemmeno mangiato ma non importa. Vorrei solo crollare sul letto e addormentarmi.
    Chiaramente non funziona, però. Non riesco a riposare senza rivivere l’intera scena nella mia testa ancora una volta. E più ci penso, più le mie guance arrossiscono; continuo a vedere il viso di Kaworu… non va bene. C’è qualcosa di davvero, terribilmente sbagliato in me. Cosa faccio, cosa posso fare?
    Posso fingere che non sia successo, ma è ovvio che Kaworu mi piace e che io piaccio a lui, perciò… però non mi interessa una relazione impegnativa. È imbarazzante, non penso di essere abbastanza per meritare Kaworu. Mi sento insignificante vicino a lui, intimidito dalla sua bellezza. Sicuramente c’è qualcuno di meglio per lui.
    Beh, non c'è davvero un granché che possa farci per ora, perché il ballo è tra meno di dodici ore e devo preoccuparmi dell'immediata questione che ho realizzato solo ora: come ci approcceremo con la gente domani se arriviamo come una coppia? Due ragazzi che vanno insieme a un ballo?
    No. La gente non lo accetterà. Saremo derisi, additati. Non voglio nemmeno pensarci. E sarà colpa mia se Kaworu verrà trascinato sul fondo, perché sono un perdente.
    Va bene a tutti deridermi e svilirmi, perché è così da sempre, ma Kaworu è l’idolo di quest’anno. Trascinarlo assieme a me non sarebbe giusto. C’è qualcosa che possa fare in proposito?
    Si arrabbierà se domani non vado. Devo farlo. Ma non so come affronteremo gli sguardi inquisitori. Non ci ha pensato in anticipo?
    Preferisco andare con te che con una di quelle ragazze…
    Ma tutti ci giudicheranno. Non voglio che venga trattato male. Già sembrano odiare tutti me. Kaworu merita più di questo. Kaworu merita più di me. La gente mi vede come un reietto. Resto semplicemente fuori dalla massa, occasionalmente qualcuno parla con me per essere gentile, educato, ma ho sempre l’impressione che non importi a nessuno, che tutti sussurrino alle mie spalle ‘Shinji è un perdente. È tutto solo…’ e non c’è qualcuno disposto ad accogliermi nel gruppo. Sono stato solo fin quando posso ricordare. Ho anche smesso di provarci dopo un po’ e poi immagino di essere completamente scomparso dal mondo degli altri.
    Non c’è niente da ricordare di me. Solo Shinji l’invisibile. Shinji, il ragazzino silenzioso che sta in piedi a guardare. Ho un flash di circa un anno e mezzo fa, quando sono stato effettivamente nominato in un annuncio per aver ottenuto un elevato punteggio al quiz di matematica, insieme ad altri. Un gruppo di ragazzi mi avevano deriso dopo scuola, e ne ricordo uno in particolare: il suo commento sembrava uno sprezzante tentativo di mostrarsi, ma mi ha dato parecchio da pensare col senno di poi. “Quindi, ragazzino, puoi fare qualcosa, dopo tutto! È la prima volta che ti fai notare da qualcuno?”
    La prima volta che qualcuno mi nota… Kaworu…
    Sto solo facendo l’ingrato egoista, rifiutando Kaworu, quando so che lui è tutto ciò che voglio? Cosa succederebbe se la mia eccessiva timidezza lo ferisse? Non posso sopportare l’idea di fargli del male, comunque. Farebbe male a me, a sua volta. Sospiro e mi volto sul fianco, guardando il muro. Se Kaworu è sufficiente per darmi– darmi quel senso di benessere solo guardandomi… e se mi ha notato abbastanza da avvicinarsi così tanto… forse merita qualcosa in cambio…
    È tutto così confuso… non capisco nemmeno chiaramente la situazione. Non dovrei fare tutto il possibile per renderlo felice, per tutto ciò che ha fatto per me? Solo per essere al mio fianco? Se potessi ripagarlo in qualche modo… qualsiasi cosa voglia, dovrei dargliela, perché lui è sempre lì per me…

    ~



    È passata una notte e i segni sono scomparsi, come aveva promesso Kaworu. Sono riuscito a salutarlo con un sorriso ed esserne anche felice, stamattina. Penso di averlo sorpreso in positivo, perché anche lui sorride più spesso del solito e i suoi occhi brillano di una luce particolare. Non parla dell’incidente di ieri, ma l’ho guardato di nascosto abbastanza volte da capire che invece ci sta ancora pensando. Piccole cose, come sfiorare la mia mano casualmente, strizzarmi l’occhio ad una battuta divertente, o anche solo guardarmi in ogni momento libero… me lo hanno lasciato intendere. È una sensazione curiosa. Mi sento, come dire, leggero. Ma non riuscirei a descriverla meglio nemmeno se mi offrissero dei soldi per farlo.
    Sfortunatamente il tutto è stato un po’ rovinato dal caratteraccio di Toji – è stato davvero uno stronzo per tutto il giorno. Ha fatto commenti sprezzanti sui nostri compagni, ha gridato ad alta voce indipendentemente da dove ci trovassimo, è stato rude coi professori e si è avvilito nella pausa; non ha neanche mangiato – il che significa, per Toji, che c’è veramente qualcosa che non va.
    “Oggi è davvero incazzato,” mi sussurra Kensuke quando si distrae per disturbare un povero ragazzo che è accidentalmente andato a sbattere contro di lui. “Scommetto che è per via del ballo. Andrà con la ragazza più carina della scuola, sai, ma non conosce nemmeno il suo nome. Gli interessa solo Hikari.”
    Lei ovviamente è ignara di tutto, l’ha sgridato solo quando è stato particolarmente maleducato con qualcuno, e lui l’ha semplicemente guardata incrociando le braccia. “Penseresti che stia crescendo e stia imparando a passarci sopra,” aggiunge. “Perché non ammette che se n’è solo accorto troppo tardi? Dovrebbe essere felice! Non è che sia la fine del mondo. Sa essere così infantile, certe volte…” e concordo con questo. Toji si è comportato da immaturo per tutto il giorno. Dopo tutto, è solo un ballo! Non c’è bisogno di scaldarsi tanto…
    Ma prima che me ne accorga, la giornata giunge al termine e gli studenti spariscono in un brusio concitato, diretti a casa per darsi una sistemata.
    Kaworu sembra sparito e sono un po’ deluso perché non l’ho visto molto, oggi. Anche Kensuke è dovuto andare a sistemare tutto il lavoro tecnico e Toji è rimasto in corridoio, senza guardarmi anche se sono l’unico rimasto; fissa semplicemente l’interno del proprio armadietto. Sono indeciso se andarmene o restare, ma diciamocelo: nessuno lascerebbe solo un amico e se ne andrebbe. Così faccio un passo avanti in silenzio e mormoro, “Ehi, Toji.” Mi ignora e continua a fissare davanti a sé. Resto lì in piedi, pazientemente, e immagino che forse gli serve solo un po’ di tempo. Kensuke aveva ragione riguardo al bisogno di crescere di Toji. “Cosa c’è?” scatta quando si accorge che sono ancora qui.
    “Toji,” inizio, un po’ esitante. Oh, Cristo, si sta comportando come un bambino. “Toji, cresci!” esclamo con un tono duro che sorprende anche me. Sbatte le palpebre e mi guarda con occhi increduli. “Smettila di fare il bambino e passaci sopra! Non finirà il mondo! Se non ti soffermi così tanto a pensarci, non ti disturberà nemmeno la metà di come ti infastidisce ora.”
    Mi guarda appena con sguardo sprezzante. “Per te non c’è problema, visto che andrai con quel bellimbusto di Kaworu, di cui, aggiungerei, sei completamente cotto. Non sei stato sostituito da l cocco del professore.”
    “Perché stai facendo così tanti capricci? Hai detto innumerevoli volte che non puoi vedere Hikari!” grido, incapace di fermarmi. Una volta che inizio, non riesco a smettere. Ogni cosa che sento il bisogno di dirgli sta uscendo in una sola volta. Toji tira un sospiro. “Lo so. È che… mi infastidisce di essermene accorto troppo tardi per chiederglielo…”
    “Ti piace davvero, non è così?” chiedo, anche se è più un’affermazione. Un leggero rossore colora le guance di Toji, mostrandomi che ci ho preso. “Toji, adesso non c’è niente da fare. Non è nemmeno interessata a quel ragazzo e sono sicuro che avrai l’opportunità di dirle stasera tutto ciò che hai detto a me. Ma non abbandonare la ragazza che hai invitato, altrimenti sarà arrabbiata quanto lo sei tu adesso.”
    Toji libera una leggera risata. “Giusto.” Mi guarda e sorride di nuovo. “Lo sai, sei davvero popolare tra le ragazze, Shinji.” Lo fisso inespressivo. “La mia partner mi ha detto che tutte le sue amiche pensano che tu sia il più attraente tra i ragazzi disponibili. Ha detto che è davvero un peccato che tu sia così strano e solitario.” Mi acciglio a questo. Me lo sarei dovuto aspettare – le ragazze sanno essere davvero crudeli. Oh, beh, non che me ne importi; inoltre probabilmente hanno ragione.
    “Okay… beh, non mi abbandonare stasera. Per favore.” Lo guardo negli occhi e sospira. “Sì, sì, verrò. Anche solo per ridere di voi due.”
    “Grazie, Toji.” Ma so che sta scherzando. Toji non è di mentalità ristretta, non importa quando possa sembrare sbagliato. “Sei cambiato, Shinji,” dice infine, guardandomi distrattamente. “Sei mesi fa non avresti nemmeno parlato di qualcosa di simile. Adesso, invece, guardati: mi dai consigli, mi sgridi, ti interessi dei miei problemi… sei davvero uscito dal guscio.”
    “Ed è un bene o un male?”
    Sembra assorto. “È difficile da dire, ma penso sia un bene. Stai finalmente prendendo confidenza e stai aumentando l’autostima.” Sorride, allora, e mi da un pugno scherzosamente. “Non c’entrerà mica Kaworu, vero?” arrossisco. Ho iniziato il mio cambiamento da quando è arrivato, anche io l’ho notato. Mi sento più sicuro di me. “Non so di che parli,” rispondo piano. Ride e mi spinge via. “Oh, fammi il piacere.” Lo fisso, contrariato, ma lui ride felice.
    “Vedi? Ti ho detto che è vero.” Toji si volta, scuotendo la testa e ridendo; mi chiama quando sto per uscire. “Shinji.” E mi fermo, aspetto. C’è silenzio e mi chiedo se ha già parlato e non l’ho sentito, ma poi aggiunge, “Grazie,” con tono soffice. Gli sorrido e torno a casa a testa alta.

    ~



    “Shinji, Shinji, che hai intenzione di indossare? Hai dei vestiti da mettere? Quando devi essere pronto?” Misato è nel bagno mentre mi faccio una doccia; è abbastanza imbarazzante, ma immagino che non sia la prima volta che mi vede nudo. Inoltre, non sta nemmeno guardando – corre freneticamente in giro facendo qualcosa che, sostiene, mi aiuterà a prepararmi. Chi è che deve uscire stasera, comunque?
    “Misato, che ne dici di lasciarmi lavare i capelli in santa pace? Magari posso risolvere la questione,” dico, esasperato. Misato è di grande aiuto, ma qualche volta si lascia davvero prendere troppo.
    “Vuoi dire prepararti per bene prima di andare al ballo? Niente da fare, non c’è abbastanza tempo, Shinji. Devi sbrigarti e uscire adesso,” dice bruscamente con tono prepotente. Arrossisco incredibilmente alla sua richiesta, ma è piuttosto probabile che le sia uscito senza che ci stesse pensando – Misato è così. Sono abbastanza certo che non sappia davvero di aver appena giudicato il tempo che impiego per sbrigarmi nella doccia e che stia solo provando a tirarmi fuori in tempo, tutto con buone intenzioni. Perciò sospiro, sciacquo i capelli velocemente e chiudo l’acqua. “Misato, non serve che ti preoccupi così tanto. È solo un ballo.”
    “Ma andrai con Kaworu! Hai bisogno di darti una sistemata se vuoi farti notare, altrimenti non attirerai la sua attenzione!”
    … sta dicendo che sono brutto?
    “Metterai dei pantaloni? È così normale! E se tutti gli altri sono vestiti eleganti e tu fai la figura del barbone?”
    “Ho chiesto in giro. I ragazzi indosseranno praticamente la stessa cosa.” Sospira e scuote la testa. “Vieni qui,” comanda, afferrandomi per le spalle. Scuote la testa di nuovo. “Shinji, devi mettere su peso. Sei troppo magro.”
    “Misato, non posso farci niente!” esclamo, dimenandomi per liberarmi della sua presa stretta. Approfitta dell’asciugamano intorno alla mia vita e strofina violentemente i miei capelli, frullando la mia testa avanti e indietro. Se sono ancora vivo per arrivare al ballo di stasera, sono abbastanza fortunato. Poi mi toglie repentinamente l’asciugamano, mi getta la biancheria intima addosso e dice, “Faresti meglio a sistemarti i capelli, altrimenti lo farò io!”
    Così sono qui, mezzo nudo di fronte allo specchio, che provo invano ad aggiustarmi i capelli. Nelle poche occasioni in cui realmente mi sono guardato i capelli allo specchio, ci ho semplicemente passato una mano attraverso e le punte rimanevano dove volevano, di propria iniziativa. Non mi è mai importato di come venivano, ma il pensiero di Misato che sistema i capelli al posto mio è sufficiente per farmi almeno provare con un approccio diverso. Passando un pizzico di gel, alla fine mi vesto velocemente e infilo le scarpe per sgattaiolare fuori, sperando di arrivare alla porta prima che Misato mi becchi. Sfortunatamente però mi sta aspettando e mi afferra non appena esco dal bagno. “Questo lo chiami ordine? Cos’hai fatto, ti sei trascinato all’indietro attraverso un cespuglio?” mi stringo nelle spalle, sentendomi intimorito e maldisposto. Misato sa come far paura. “Ci stiamo mettendo troppo. Guarda questi capelli da tutte le parti…” sospira. “Immagino che in questo ci assomigliamo.” Voltandosi di schiena, aggiunge. “Stai bene, per me. Stai crescendo…” “Misato, per favore smettila di ripeterlo!” sospira di nuovo e scuote la testa. “Andiamo.”
    Passiamo la seguente mezzora in macchina senza parlare – anche Misato sembra a corto di argomenti. Forse le ho fatto passare la voglia. Non ho mai saputo come comunicare con le persone. È scomodo il soffocante silenzio che suggerisce che entrambi stiamo cercando qualcosa da dire e, in realtà, è patetico che dobbiamo cercarlo.
    Guardo fuori dal finestrino con le mani giunte in grembo, pensando a Kaworu. Quanto confuso devo sembrargli? Voglio solo piacergli, ma quando mostra quanto mi corrisponde mi spavento e mi allontano da lui. Se solo non fosse così perfetto, forse mi sentirei un pochino meglio. Ma non c’è niente a cui aggrapparsi – mi sento solo come se non fossi abbastanza per lui. Non sono niente. Non ne valgo la pena. Kaworu è irraggiungibile… beh, a rigor di termini, non è proprio così. E mi sento accaldato a ricordare come mi ha toccato, ma il fresco della serata mi viene in aiuto.
    La frenata morbida dell’auto mi informa che siamo arrivati. Misato mette su uno sguardo preoccupato. “Eccoci qui.” Lentamente slaccio la cintura di sicurezza e mi volto per un momento, percependo che sta per dirmi qualcosa. La notte non è ancora calata e il rumore degli insetti sta appena iniziando a farsi sentire dal giardino. Il cigolio debole di un grillo abbastanza vicino mi ricorda del metallo sfregato contro la ghiaia dura della strada, anche se non so dire il perché. Dopo una pesante pausa, dice impacciata “Beh, divertiti Shinji. Chiamami se ti serve qualcosa, altrimenti tornerò a prenderti alle undici.”
    “Sì, grazie.” E finalmente annuisco ed esco dalla macchina. Mi sento quasi come un burattino, mosso da fili invisibili per mano di qualcuno di molto potente, e non c’è niente che possa fare in proposito. Il pomeriggio è ancora abbastanza chiaro, tutto è ovattato, sfumato d'oro o argento. Color seppia. Come nelle vecchie fotografie che affiorano dopo tanti anni; memorie sparite col tempo che tornano assieme a loro in una sporca macchia lungo il confine. “Shinji!” Kaworu mi stava aspettando, vestito con un paio di semplici pantaloni neri, bottoni bianchi su una camicia con le maniche lasciate sbottonate in modo da svolazzare leggermente; ha lasciato intatti i capelli e credo siano la sua parte migliore. Mi sento sollevato per aver indossato qualcosa di simile – nonostante le proteste di Misato, ho avuto un po’ paura di essere troppo sciatto per l’occasione.
    “Tutto ok?” sa sempre quando qualcosa non è al suo posto. E non mi stupisce più, visto che ormai lo do per scontato; è naturale per lui sapere tutto. Annuisco semplicemente e sorrido appena. Le ombre sul viso di Kaworu gli danno un’aria eterea, la sua pelle sembra luminosa e gli occhi sono più brillanti. Sembra un angelo. Si allaccia piano al mio braccio ed entriamo.
    Dentro è piuttosto illuminato e mi guardo attorno rapidamente, lasciando il braccio di Kaworu non appena inizio a cercare Kensuke e Toji. Aida è in un angolo a filmare ogni cosa, ma Toji non c’è. “Toji è già arrivato?” Kaworu annuisce. “L’ho visto arrivare prima con Ayumi.”
    Non riesco a vederlo, ma presumo sia qui intorno. La sala è vicina ai bagni e a un’altra stanza, quindi potrebbe essere anche altrove. “Non importa, andiamo comunque.”
    Non lo troviamo solo dopo parecchio tempo. Fino ad allora, ci siamo presi un paio di occhiate strane da alcuni e ho sentito tre persone borbottare qualcosa sottovoce a proposito delle checche, ma per lo più si sono comportati tutti normalmente e probabilmente pensano che siamo insieme come semplici amici e niente di più. Mi sono scrollato di dosso un po’ della preoccupazione iniziale, ma rimango sul bordo della sala, incapace di rilassarmi e divertirmi per tutto il tempo. Anche Kaworu l’ha notato; lo so perché ha iniziato a lanciarmi sguardi interessati, ma la maggior parte della serata restiamo in un imbarazzante silenzio, ognuno aspettando che l’altro dica qualcosa, ma insicuri sul modo di iniziare la conversazione o quali parole usare per dirlo correttamente.
    Dopo circa due ore, vediamo Toji seduto molto in disparte. Evita le persone, dov’è. Resta seduto da solo al buio, circondato appena da qualche persona che parla. Mi chiedo dove sia stato per tutta la sera. Dev’essere appena entrato, perciò magari è stato con Ayumi. Ma ne dubito.
    “Toji! Sei stato qui finora?”
    Mi guarda. È vestito con un paio di jeans e una giacca nera, e non sta affatto male. Ma i suoi capelli sono arruffati, come se ci avesse passato la mano attraverso giusto un attimo prima di venire, e i suoi occhi sembrano stanchi.
    “Toji, sembri stanco. Che è successo?” chiede Kaworu. Usa un tono non troppo dolce né interessato, semplicemente gentile e diretto. Sento un leggero fastidio. Non sarà ancora arrabbiato perché Hikari non è con lui, vero?
    “Ho avuto uno scontro con un altro ragazzo,” è la sua risposta piatta.
    “Perché?”
    Mi guarda di nuovo. “Ha detto che stava per fare un video a Hikari a letto.”
    Un senso di terrore mi pervade. “E dov’è adesso?”
    Si stringe nelle spalle. “Circa un’ora e mezza dopo il mio arrivo, sono andato fuori a fare una camminata e li ho sentiti parlare, quindi ho semplicemente iniziato a colpirli.”
    “Colpirli? Quindi erano più di uno,” Kaworu si acciglia. “Toji, hai detto di aver picchiato un solo ragazzo.”
    “L’altro è scappato prima che potessi fermarlo.”
    Senza aggiungere altro, Kaworu ci lascia per andare a cercarlo, mentre io rimango con Toji. Sembra depresso. Sul momento non capisco il motivo del suo malumore. Certo, è arrabbiato per via di quello che hanno detto, ma ha risolto il problema, non è così? E sicuramente adesso ha l’opportunità di trovare Hikari e ballare con lei…
    “Se qualcuno la proteggesse, i ragazzi non la punterebbero in questo modo,” mormora. “E allora perché non lo fai tu?” gli propongo vagamente, ancora perso tra i miei pensieri.
    Sbuffa. “Sì, certo. Io e la capoclasse. Mi odia. E soprattutto, tutti pensano che anche io la odio, inclusa lei. Nessuno accetterebbe il contrario. Se agissi diversamente, la gente penserebbe che sono impazzito o qualcosa del genere.”
    “Non lo saprai mai finché non glielo chiedi,” persisto, non intenzionato a mollare così presto. “Non sono abbastanza per lei, Shinji, sii realista. Farebbe meglio ad aspettare finché qualcuno migliore non arriva. Qualcuno che la protegga decentemente da quei bastardi.” Le sue parole mi colpiscono molto e realizzo con sgomento che avrei potuto dire lo stesso, per quanto sono pertinenti. Toji è nella mia stessa posizione, incapace di ammettere i suoi veri sentimenti perché si sente indegno. Forse, aiutando Toji a risolvere i suoi problemi, riuscirò a fare lo stesso coi miei…
    “Devi solo provare a parlarle, Toji,” lo prego.
    “… immagino di sì.” Dice, riluttante. “Andiamo, non può essere così difficile!” sospira scuotendo la testa. “Sei cambiato, Shinji, ma non sapevo che saresti diventato il mio nuovo capo.” Lo fulmino con sguardo beffardo, ma poi lo spingo ad alzarsi e ad andare verso l’uscita della stanza. “Vai a trovare Hikari. Io cercherò Kaworu.”
    Lo trovo fuori, che si avvicina scuotendo la testa non appena mi vece. “L’ho colpito per vedere se era cosciente, e lui è rinvenuto tutto d’un colpo e si è messo a correre come un razzo, urlando qualcosa a proposito di essere dispiaciuto, che non farà mai più qualcosa del genere a una ragazza per il resto dell’eternità…”
    C’è una macchia di sangue sul suo braccio e sulla guancia; sospira, cercando di pulirla invano. “Toji deve avergli fatto sanguinare il naso, qualche goccia mi è arrivata addosso quando è saltato in piedi e se n’è andato.”
    Sangue. Sento l’odore di lampone su Kaworu, visto che è così vicino. L’odore è così familiare, il rosso colora la sua pelle ricordandomi i suoi occhi. Il lampone ha un odore stucchevolmente dolce. Aspetta, è odore di lampone o sangue quello che sento? È così difficile distinguerli… “Shinji?”
    Ho lo sguardo fisso nel vuoto, con le mani ai fianchi. “Shinji, che succede?” chiede dolcemente, prendendomi delicatamente il viso con le mani. Sento le sue dita fresche, la brezza fresca che mi riporta al passato… è più scuro adesso e le ombre rendono tutto uniformemente grigio – presto diventerà nero e le stelle usciranno, regalando un’atmosfera piacevole. Però non vedo gli occhi rosso sangue di Kaworu.
    C’è un ragazzino gracile di undici, forse dodici anni. Sta abbracciando sua madre per la buonanotte e poi va in bagno a lavarsi i denti, ma appare suo padre. Il ragazzino sta per corrergli incontro e abbracciarlo ma il padre inizia ad urlare alla madre, facendo fermare i suoi passi e incuriosendolo.
    “Sempre preoccupata per lui. Ti rendi almeno conto che sono qui?”
    “Certo, volevo solo-”
    “No. Ogni giorno è la stessa storia. Ti comporti come se tuo marito fosse morto, mi ignori e dai tutte le tue attenzioni a lui!”
    “Gendo, per favore-”
    “Ascoltami! Perché i tuoi occhi non vedono nient’altro di quello stupido bambino che ti sta di fronte?”
    “Non è stupido, è nostro figlio! Ha bisogno di essere accudito e-”
    Il ragazzino osserva mentre il suono acuto di uno schiaffo risuona nella stanza. Silenzio. Poi l’uomo afferra la parte anteriore del vestito estivo della mamma e la sbatte contro il muro, colpendola ancora. Le macchie sono davvero difficili da togliere. “Sta’ zitta!” ruggisce, dimenticandosi completamente degli occhi fissi e spalancati del ragazzino rimasto in un angolo. Non esiste più. È come se fosse morto. Così guarda con stupore, terrorizzato dal modo in cui suo padre le strappa i vestiti di dosso, la butta sul pavimento e la infilza con forza, coprendole la bocca con la mano; guarda come suo padre la perfora con la lama argentata di un coltello da cucina, spinge dentro e fuori la lama con tutta la forza che ha, e di nuovo ancora. Vorrebbe muoversi, urlare, correre e fermare tutto questo, fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma i suoi muscoli non obbediscono e il suo corpo non fa come gli dice; non riesce a far nient’altro che rimanere lì in piedi e vedere la scena. Chiude gli occhi e sente il corpo di sua madre cadere sul pavimento, inerme, insieme al coltello scivolato dalle mani di suo padre. Poi le sue gambe, che corrono verso il padre; afferra il coltello e trafigge anche lui, sentendo nella propria mano il pugnale che toglie la vita di suo padre. Poi lo lascia cadere, fa un passo indietro e riapre gli occhi.
    E l’uomo cade, a sua volta, spruzzando un liquido rosso dall’odore inconfondibile con gli occhi chiusi e la bocca aperta. Il bambino non si muove. Alla fine guarda le sue scarpe nuove, in basso, non più bianche, ma macchiate di sangue; e la sua maglietta, anche questa piena di schizzi, così come le mani e le braccia. Un continuo gocciolare di rosso. Non c’è più niente da fare per le scarpe. E non si possono nemmeno lavare. Si devono solo asciugare, e non c’è modo che tutto quel lampone se ne vada solo strofinandolo via. Il colore da le vertigini, gli scorre attorno; crea una spirale e un grande, oscuro tunnel di rosso, umido e appiccicoso. È quasi nero, da quanto scuro sembra, ed è difficile guardarsi attorno. O forse è l’oscurità della notte che rende tutto più difficile da distinguere. Forse è una combinazione di entrambe le cose. C’è un altro silenzio familiare, che sembra costituire la maggior parte della sua vita, interrotto occasionalmente dal cigolio di una cavalletta.
    Stupefatto, si accovaccia con attenzione e da un colpetto al buco rosso e scuro nello stomaco di suo padre. È tutto inzaccherato e molto caldo. Si guarda le mani, tutte appiccicose, e le asciuga sui pantaloni. Poi va al bagno a lavarsi i denti, mentre le gocce sporche di rosse lo seguono sul pavimento. Ma anche l’oscurità lo ignora, ed è come se non esistesse nemmeno. Anche il rossore scuro del lampone finge che non esiste nonostante il silenzio lo stia uccidendo, affettando come un coltello, e non può dirlo a nessuno. Non c’è qualcuno che lo ascolta. Qualcuno che lo noti. È solo. L’odore di lampone gli riempie le narici e le macchie sul tappeto sono agli occhi di tutti.
    “Visto? Questo è ciò che ricordo,” finisco tremante. “Pensi davvero che volessi ricordare? Provare tutto di nuovo? Non perché ero così giovane ha meno significato, comunque – ero quasi un adolescente, Kaworu. Sapevo cosa stavo vedendo, capivo cosa stava succedendo. Ho provato per così tanto tempo a dimenticarlo, ma tu insisti per tirare fuori questi ricordi dolorosi. Sai perché sono in questo modo? Un perdente? Tagliato fuori da tutto? Perché non so come comunicare. Non capisco le persone! Ero così confuso e arrabbiato per ciò che mio padre ha fatto e per ciò che io ho fatto a lui che non sono più stato in grado di capire gli altri, e ho paura!”
    Kaworu mi guarda silenziosamente, il suo viso non tradisce un’emozione. Si sporge in avanti e sospira, “Non esserlo. Non c’è niente da temere. Mi prenderò io cura di te.”
    Sento le lacrime scivolare lungo la mia faccia e le asciugo con la manica. Sto piangendo. Kaworu mi ha appena detto di non essere spaventato. Ma ho paura di potergli far del male – sembra troppo buono con me. Non posso accettare le sue parole di conforto e protezione perché non posso credere che qualcuno come lui perderebbe il suo tempo con qualcuno come me. Sinceramente, non ne vale la pena. Non sono nessuno, notato da nessuno, e semplicemente languo giorno dopo giorno sperando di morire senza che nessuno al mondo se ne accorga.
    “Non piangere,” ripete un po’ più forte, con tono gentile. Batto le palpebre e rapidamente mi avvicino a lui, dimenticando in un attimo le mie paure e realizzando che Kaworu parla sul serio. Intende davvero occuparsi di me. “Non capisco perché. Era arrabbiato, ma perché l’ha uccisa?”
    “Qualche volta, quando le persone sono trasportate dalle emozioni come odio o rabbia, compiono delle pazzie. I sentimenti prendono possesso delle loro menti e perdono il controllo delle loro azioni.” Kaworu sorride tristemente e leggo un leggero barlume di consapevolezza nei suoi occhi.
    “Perché? Perché, perché doveva succedere?” mi siedo sull’erba e avvolgo le braccia attorno alle ginocchia, scuotendomi un pochino. Il mondo attorno a noi è tranquillo, i grilli si fermano per un momento quando anche Kaworu mi siede in parte, mettendomi un braccio sulle spalle senza dire niente.
    Non mi sta ignorando… Kaworu è differente, vuole conoscere; ha effettivamente visto oltre la facciata solitaria che indosso e ha voluto sapere perché… non mi sta ridicolizzando né sbeffeggiando, come farebbe chiunque altro… improvvisamente, affondo il viso sulla sua spalla e i singulti iniziano a scuotermi. E lui mi avvolge in un abbraccio, senza parlare, solo trattenendomi.
    Singhiozzo, mentre il mio cuore batte incontrollato; tutto, ogni cosa che mi ha inquietato per tutto questo tempo sta uscendo fuori. Cinque anni. Sono davvero trascorsi cinque anni? Potrebbe essere ieri, l’immagine è così fresca… la lama d’argento, fendente, luccicante, che taglia l’aria– no! Scuoto la testa, stringendo tra i pugni il materiale della camicia di Kaworu. Mi solleva gentilmente il mento e mi bacia delicatamente il labbro inferiore. È così soffice e dolce che perdo cognizione di tutto ciò che mi sta attorno. Ma non mi sento ancora alla sua altezza… i ricordi mi rendono debole. Non posso dipendere da Kaworu, non posso contare sul fatto che possa farmi uscire da questa voragine, non posso dare per scontato il suo supporto quando voglio solo estraniarmi da ogni cosa. Non posso, perché non si merita un simile trattamento.
    La sua lingua è così morbida e calda, rende il dolore più sopportabile. Alzo la testa e, con le mani ancora intrecciate nella sua camicia, inizio a mordicchiargli delicatamente la mascella. Kaworu spalanca gli occhi, ma resta in silenzio e mostra qualche frammento di emozione quando porto nuovamente le labbra contro le sue, e i nostri occhi si chiudono in un attimo.
    Mi stringe di più a sé, circondando le mie spalle con le braccia, e la sua lingua oltrepassa famelica le mie labbra. Le schiudo, lasciando che s’insinui al loro interno, calda e vellutata.
    Quasi mi sciolgo alla sua tenera, curiosa natura, senza nemmeno aver provato emozioni simili da nessun altro; non che qualcuno abbia mai mostrato interesse per questo. Faccio scivolare la lingua su quella di Kaworu, saggiando sempre più avidamente. Ora basta… Shinji, devi fermarti…
    Con una mano, mi allontana un po’ e inizia a massaggiare la pelle appena sotto la cucitura della camicia, ma non si spinge troppo in là. È così premuroso e gentile… perché non ho mai incontrato nessun altro come lui prima d’ora? Mai. Nessuno così tenero, tanto da fare quasi male. Non lo merito…
    Mi si avvicina piano e strofina il ginocchio contro il mio inguine, facendomi momentaneamente irrigidire. Ma mi riprendo in fretta e lo respingo come se non si trattasse di nient’altro che un’imbarazzante incidente; le mie mani scivolano in alto, fino ad incontrare i capelli chiari e sottili di Kaworu, morbidi al tatto. È davvero bello; in qualche modo misterioso, ma bello. Non lo merito. È un angelo, io non sono nessuno. Un perdente a faccia in giù nella polvere. Scorro con la mano destra la sua schiena, accarezzando con le dita la scapola sporgente. Posso facilmente immaginare un paio di ali che spuntano dalle ossa larghe e piatte, e mi accecano col candore delle loro piume. Kaworu è già molto più vicino a un angelo che a un essere umano.
    “Non scappare,” mi allontana quanto basta per afferrare il mio mento con una mano, cercando i miei occhi. “Non puoi farlo, Shinji.”
    Ma è quello che voglio! Voglio solamente perdermi in lui, e dimenticare ogni cosa che sia mai successa, dimenticarla per sempre. Tuttavia non posso usare Kaworu in questo modo! I segnali dal mio cervello stanno diventando offuscati, convogliando in un unico pensiero, gettato fuori da tutte le cose che in vita mia avevano mandato in confusione la mia testa.
    “Vieni. Torniamo indietro.” Mi offre una mano, ma la ignoro, stringendo piuttosto le ginocchia al petto. Non posso usarlo in questo modo, non posso contare sul suo aiuto…
    “Cos’hai intenzione di fare , Shinji?”
    La sua domanda mi colpisce come una saetta. Pone sempre quesiti che mi colpiscono direttamente al cuore. Che intenzioni ho? Che intenzioni ho riguardo al mio dolore?
    E cos’ho intenzione di fare? Stare qui da solo per sempre, sguazzando per sempre nella mia miseria? O seguire Kaworu, che si interessa a me, che mi tende una mano, approfittando del suo aiuto per rimettermi in sesto?
    Beh, in questo momento il mio cervello dev’essersi appena svegliato da un sonno durato diciassette lunghi anni, perché afferro la mano e mi rialzo in piedi.
    “Ecco,” sussurra, circondandomi le spalle con un braccio. Mi sento immediatamente confortato e al sicuro, dalla parte del giusto…
    Sono sicuro di non aver bevuto niente da quando sono arrivato. Quindi non ho una spiegazione valida al perché mi senta così bene in questo momento.
    Rientriamo nella sala e prontamente Toji e Kensuke ci vengono incontro. “Dove siete stati? Non sapevamo dove foste andati-”
    “A Shinji serviva solo un po’ d’aria fresca. Lasciamo che si sieda un attimo, okay?” salva la situazione molto cortesemente suggerendo che mi lascino solo.
    “Uhm – certo, se ti senti così provato, Shinji…” Toji mi guarda, senza dubbio in attesa di vedere striature verdi o qualcosa di simile apparire sulla mia faccia.
    “Suzuhara! Eccoti!” Hikari si precipita verso di noi, ha l’aria un po’ arrossata. Devo ammetterlo, sta davvero bene. Indossa un semplice vestito bianco e i suoi capelli sono raccolti con dei fiori in tinta, ha un po’ di trucco ma, sorprendentemente, non la fa sembrare orribile come molte altre ragazze qui intorno. Ha davvero un bell’aspetto. E sembra che anche Toji lo stia pensando, perché ho visto le rapide occhiate dall’alto in basso con cui l’ha squadrata per farla arrossire lievemente.
    Sembra si sia intimidita e sia rimasta senza parole. Si lecca nervosamente le labbra e deglutisce a vuoto, guardando il pavimento, e penso che forse sarebbe meglio lasciarla sola con Toji per un po’. Prendo Kensuke per un gomito e lo guido delicatamente lontano – fortunatamente ha inteso il suggerimento di prima e dice in modo sbrigativo, “Shinji, cerchiamo un posto dove puoi sederti.”
    Come Kensuke, anche Kaworu ed io ci allontaniamo per lasciarli soli un po’ di tempo, così Toji dice, incerto, “Ti andrebbe di ballare?”
    Hikari immediatamente si rianima e sorride. “Sì, mi piacerebbe molto!”
    Sorrido, un po’ sorpreso che sia stato Toji il primo a parlare. Kensuke fa eco ai miei pensieri, commentando, “Wow, e io che pensavo che alla capoclasse piacesse solo parlare e comandare le persone.” La videocamera è spenta, per una volta.
    “Ci sono spesso parti nascoste delle persone che non puoi vedere in superficie,” osserva Kaworu. Sono stanco delle sue strane dichiarazioni, ma non mi disturbo a farglielo presente – il più delle volte si rivelano azzeccate. Inoltre, ad essere onesti, mi piace abbastanza. È semplicemente il suo modo di essere. Mi da un senso di rassicurazione, sapere che anche se non gli dico a cosa sto pensando, lo sa già.
    Sembra che Toji si stia divertendo con Hikari. Stanno arrossendo entrambi ma sono bellissimi insieme. Lei non smette di ridere e un enorme sorriso non sembra voler abbandonare nemmeno il viso di lui. Il resto della serata lo passano insieme, nonostante debbano fingere di odiarsi a vicenda. È un po’ dolce, vederli felici insieme. È invece triste che ci sia voluto così tanto tempo perché se ne accorgessero. Mi chiedo amaramente quanto mi ci vorrà per riuscire a reggermi sulle mie gambe da solo. Penso di non essere in grado di dare un ordine nella mia testa.
    Kaworu ed io trascorriamo la maggior parte del tempo seduti in disparte, parlando occasionalmente - non mi sento a mio agio a ballare quando so che un ragazzo qualunque potrebbe prenderci di mira. Ma restare seduto vicino a lui è sufficiente a farmi sentire confuso. Non mi fa alcuna domanda in riferimento allo sfogo di prima e ci comportiamo come se nulla fosse successo. È un po’ ironico – ha voluto così disperatamente la verità, eppure quando finalmente gliene parlo, non commenta; o almeno così sembra.
    Parliamo appena, ma passo le ore restanti provando a capire i miei sentimenti verso Kaworu. Mi piace, ma non sento di meritarlo. Non dovrebbe perdere le sue attenzione su una nullità come me. Se solo fossi più simile a lui, allora forse mi lascerei andare, potrei ricambiare i suoi sentimenti e magari potrei finalmente, dopo tanto tempo, liberarmi del segreto che mi ha fatto star male per così a lungo, ed essere semplicemente felice.
    Ma non sono nato per essere felice. Lo so. Sono nato per vivere per conto mio, in solitudine, senza chiedere aiuto a nessuno, e morire da solo.
    È come in quelle mattine in cui ti alzi e istintivamente senti che non c’è nessun motivo valido per vivere – anche se il mio cervello è ancora offuscato dal sonno, sono perfettamente cosciente, so in qualche modo che non c’è niente a cui vale la pena mirare, che è tutto una grande stronzata, e se solo potessi scapperei da tutto e da tutti in qualche modo – è più o meno così. So di svegliarmi in questo modo, e non c’è niente che mi invoglia ad alzarmi. Incluso Kaworu. Perché non lo merito, perché sono così debole e patetico e instabile e spaventato da tutto…
    E prima che me ne accorga, la notte finisce ed è tempo di tornare. Misato arriva con dieci minuti di ritardo ma si giustifica semplicemente con la scusa che ha voluto lasciarci più tempo assieme. Non serve dire che ho salutato Kaworu e me ne sono andato a casa prima che la sua famiglia si mostrasse.




     
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